A quando una legge per catalogare i gioielli e prevenire le truffe?

Attualmente l’unico riferimento a protezione del consumatore è la legge Europea “Codice al Consumo” (a tutti gli effetti legge in quanto Decreto legislativo, 06/09/2005 n° 206, G.U. 08/10/2005), che all’articolo 6 impone in modo netto chiaro che : “i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati sul territorio nazionale, riportano, chiaramente visibili e leggibili, almeno le indicazioni relative:

  • alla denominazione legale o merceologica del prodotto;
  • al nome o ragione sociale o marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;
  • al Paese di origine se situato fuori dell'Unione europea;
  • all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;
  • ai materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualita' o le caratteristiche merceologiche del prodotto;
  • alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.”
Legge di carattere generale posta a protezione del consumatore contro vendite fraudolente. Non viene però identificato come denominare il materiale gemmologico per quello che è realmente, nelle vendite, nelle esposizioni e pubblicità, secondo precise regole evitando l’utilizzo di nomi di fantasia o impropri che possano creare confusione nel mercato, con la conseguente concorrenza sleale e sfiducia del consumatore.

CISGEM nel 2004 ha avuto il ruolo di operare, sulla prima bozza di legge, una serie di tagli e di messe a punto per alleggerirla e semplificarla allo scopo di renderla condivisibile dalle diverse parti in causa, lavoro di messa a punto in collaborazione anche con altri gruppi e associazioni nazionali è stato poi coordinato da Confedorafi (Associazione Orafa Valenzana, CISGEM, Collegio Italiano Gemmologi, Istituto Gemmologico Italiano Milano, Federdettaglianti, DTC, Federpietre).

La bozza di legge viene presentata dall’onorevole Antonio Mazzocchi (alleanza nazionale) il 26 maggio del 2005 e ripresentata dallo stesso il 28 aprile 2006 come Atto Parlamentare.
Viene presentata una proposta parallela del’onorevole Gianni Nieddu (Ulivo) comunicata alla Presidenza il 9 febbraio 2005 “Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici e norme a tutela dei consumatori”.

Le due proposte si propongono di base principalmente l’obiettivo di descrivere e definire in termini esatti le varie tipologie di pietre in commercio, i processi utilizzati per modificarli nella prospettiva di un ciclo virtuoso che consentirà al consumatore di conoscere, senza dubbi né ambiguità, cosa sta acquistando.
La proposta Mazzocchi non prevede l’obbligo della certificazione dei materiali per la vendita al minuto. E’ prevista una dichiarazione da parte del venditore volontaria che diviene obbligatoria solo se l’acquirente lo richiede espressamente. Dichiarazione peraltro obbligatoria nelle ipotesi di vendita a distanza o al di fuori dei locali commerciali.

La Proposta Nieddu propone l’istituzione presso il Ministero delle attività produttive di un elenco nazionale degli importatori e dei produttori di materiali gemmologici, che debbono essere certificati per assicurare la provenienza certa e il valore reale dei materiali di che vengono posti in vendita. Inoltre l’importatore e il produttore di materiali gemmologici hanno l’obbligo di provvedere alla confezione di ogni singola pietra di valore superiore a 250 euro, che deve essere sigillata e accompagnata da una certificazione di qualità. È vietata l’importazione e l’immissione sul mercato italiano di materiali gemmologici da parte di soggetti non iscritti all’elenco di cui sopra.
La Proposta Mazzocchi trova favore nel settore e nelle associazioni e viene quindi sostenuta da tutti.
Tale proposta attraverso varie vicissitudini, cambi di governo, controproposte, proposte di emendamenti ha risalito lentamente la strada per essere approvata come vera legge.

Nel 2011 una nuova proposta simile alla Nieddu leggermente modificata viene ripresentata dall’onorevole Donatella Mattesini (PD).
Le due proposte approdano insieme in Ia COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) dove viene deciso di produrre un documento unico.
In particolare si dispone che :

  • le regioni provvedano alla stampa di un vademecum per la corretta informazione del consumatore riguardo all’acquisto dei materiali gemmologici
  • le regioni possono promuovere corsi di qualificazione per i soggetti che operano nel mercato gemmologico;
  • viene demandato ad un collegio arbitrale la definizione delle controversie sul contenuto della dichiarazione rilasciata dal venditore, in cui sono descritti i materiali gemmologici venduti; la disposizione di cui all’articolo non specifica, tuttavia, la natura dell’arbitrato, limitandosi a rinviare ad un successivo regolamento la definizione delle modalità di operato dello stesso
  • stabilisce delle sanzioni amministrative per chiunque rilasci certificazioni dei materiali gemmologici in commercio senza essere iscritto nell’elenco …..e per chiunque pone in commercio, anche a distanza, o detiene per la vendita materiali gemmologici privi di documenti ovvero accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da quelle previste o con indicazioni che possono essere confuse con quelle previste;
  • Le denominazioni dei materiali previste devono essere indicate, su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, su etichette o cartellini che lo accompagnano, e sono le uniche denominazioni che possono essere usate, anche verbalmente, per indicare i prodotti. Le denominazioni previste devono essere, altresì, utilizzate per i prodotti esposti in manifestazioni espositive, in fiere ecc.
  • Il venditore deve rilasciare a richiesta dell’acquirente, una dichiarazione in cui sono descritti i materiali gemmologici venduti, siano essi sfusi o montati. La dichiarazione deve essere rilasciata obbligatoriamente in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali.
  • Qualora si renda necessario accertare la correttezza di quanto dichiarato, relativamente ai materiali gemmologici nei documenti commerciali o pubblicitari, nelle proposte di contratto o di vendita a distanza, nelle eventuali etichette o cartellini che accompagnano il prodotto o nelle dichiarazioni rilasciate sono autorizzati a rilasciare le relative certificazioni esclusivamente laboratori abilitati che devono essere iscritti in appositi elenchi tenuti dalle camere di commercio.
  • Tali laboratori devono offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico-professionale, volte in particolare al settore della gemmologia per la determinazione della categoria di appartenenza dei materiali gemmologi in commercio ed essere in possesso dei requisiti stabiliti da un regolamento.
  • I laboratori devono essere iscritti nell’elenco tenuto dalla camera di commercio competente per territorio. A tale fine devono presentare apposita domanda corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti.

Tale Proposta viene Presentata il 29 aprile 2008 per l’Iter in Commissione (iniziato il 9 marzo 2011 e concluso il 9 novembre 2011) Approvato un testo unificato che viene assegnato alla 10ª Commissione permanente del Senato (Industria, commercio, turismo) in sede referente il 15 dicembre 2011.

Si è quindi arrivati (2013-2014) attraverso emendamenti e proposte, a cercare di porre la proposta di legge all’interno della vigente legge 251 riguardante i marchi e i metalli preziosi in quel periodo in fase di revisione. Avere quindi una unica legge per il comparto che comprendesse sia i materiali gemmologici (basata sulla ultima proposta unificata) come pure la regolamentazione dei compro oro. Tentativo però naufragato in quanto la revisione della legge 251 ha visto solo l’uscita della nuova versione del regolamento (DPR 26 novembre 2014, n. 195) che si è occupata come in origine della regolamentazione dei metalli preziosi e dei relativi marchi.

Ad oggi il consumatore non è assolutamente tutelato nell'acqusto di un gioiello o di una pietra preziosa.

Qualche esempio?
una vicenda riferita alla garanzia rilasciata in occasione dell’acquisto un bracciale di rubini, comprato in un’importante gioielleria romana per la somma di 65.000 euro e il cui valore è stato successivamente rettificato, essendo stimabile tra i 3.000 e i 5.000 euro.
Il bracciale era corredato da una garanzia così redatta: «Bracciale in oro giallo 18 carati». Il titolo dell’oro era stato indicato correttamente nel peso di 23 grammi, con 12 rubini di colore «sangue di piccione». Va bene, i rubini sono 12, ma di quale caratura non era indicato e soprattutto non era dato sapere quali trattamenti avessero subito. È evidente che anche questa garanzia era assolutamente inutile e che l’unico sangue era quello del povero «piccione» rimasto impallinato nell’acquisto.
Altro esempio riguarda un solitario con un diamante di oltre 5 carati (pagato 200.000 euro), «anello in oro (senza indicare il titolo del metallo, nda) con diamante di 5,23 carati, di bel colore e puro». Ma cosa vuol dire «di bel colore»? La classificazione del colore dei diamanti è indicata con delle lettere (dalla D per i più incolori fino alla Z per i più paglierini). E poi cosa significa «puro»? Forse che è senza peccato? La classificazione della purezza prevede ben 11 categorie dall’If (Internally flawless, ovvero assenza di inclusioni) a I3, normalmente denominato Piquet (diamanti che presentano grosse inclusioni visibili a occhio nudo): potete ben immaginare quanto sia valida una simile garanzia.

Un consiglio: quando vi accingete a un acquisto in gioielleria richiedete sempre un certificato gemmologico e una garanzia, la più dettagliata possibile, del prodotto di vostro interesse. Fate poi verificare il tutto da un esperto prima di procedere al pagamento.

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